Il 28 aprile 1929, con Decreto Ministeriale a firma di Italo Balbo, (Gazz. Uff. del Regno d'Italia n. 107 del 7 maggio 1929) fu decisa la costruzione del "Campo di Fortuna" di Bovolone, al di là del Dosso dei Baldoni, sulla strada che conduce ad Oppeano. La costruzione del campo iniziò nel 1930 e i lavori furono affidati alla ditta Zorzella di Cerea. In precedenza, il 28 ottobre 1928, il t. col. C. Gastaldi del 21° Stormo, comunicava al podestà di Bovolone che una commissione di ufficiali si sarebbe recata sul posto per individuare un area adatta alla costruzione di un campo di aviazione di emergenza. Il campo di fortuna di Bovolone era uno dei 287 "campi di fortuna" esistenti in Italia nel 1939. I campi di fortuna erano aeroporti destinati ad essere utilizzati in caso di emergenza e posti dunque lungo le principali rotte aviatorie. Il primo documento che possediamo sul campo di Bovolone risale all'estate del 1933. Si tratta dello stralcio dei voli compiuti dal Capitano Willy Bocola (80^ Squadriglia). L’8 agosto, Bocola compie un volo da Udine (Campoformido) a Bovolone e ritorno, quasi sicuramente con un CR. Asso, due ore di volo complessive. Il giorno successivo atterra nuovamente sul campo del basso veronese, per raggiungere in seguito Padova. (Ufficio Storico Aeronautica Militare). Nel 1934 avviene una ispezione al campo e lo stesso appare pienamente funzionante in una foto del luglio 1935. Una nota ci informa che la parte utile misurava metri 800 x 560 con la possibilità per cinque velivoli di atterrare simultaneamente. Più tardi furono realizzati il deposito carburanti nell’angolo sud est, l’impianto idrico e l’impianto elettrico. Non prima del 1938 fu costruito un hangar lungo la perimetrale per Oppeano. La pista di volo aveva orientamento sud ovest-nord est. Nel 1937 fu attivata la Scuola di Volo senza Motore che rimase in funzione fino al settembre del 1943. Durante il secondo conflitto mondiale il campo dipendeva dal Comando della 2^ Zona Aerea Territoriale, con sede a Padova, ed era contraddistinto dalla sigla "255". L'aeroporto era attrezzato con manica a vento e identificativo verniciato in bianco sul prato. Nella casa colonica, ancora esistente, trovava alloggio il custode. Probabilmente alla fine del 1937 venne realizzato un Hangar metallico destinato ad accogliere i velivoli della Scuola di Volo a Vela, che rimase operativa fino all'armistizio del 1943. Nel gennaio del 1944 iniziarono i lavori per la rimessa in opera dell'aeroporto da parte delle truppe tedesche. Fu costruita una pista in cemento e furono allestite delle piazzole di decentramento in località Caval (verso Cà degli Oppi). Nel settembre del 1944, il giorno dopo il primo bombardamento alleato che coinvolse il centro abitato, arrivarono anche gli aviatori e il campo divenne sede di un reparto combattente dell'aviazione germanica, la squadriglia nr. 1 del Nachtschlachtgruppe 9, armato con velivoli Ju 87 Stuka. Il comando del Gruppo e una stazione per le telecomunicazioni furono poste in un ala della villa Scola Gagliardi, in via Umberto I° a Bovolone. A L'aeroporto fu naturalmente oggetto delle attenzioni degli alleati che lo colpirono in varie occasioni. Si ricorda in particolare l'incursione di due bimotori il 12 giugno 1944, nel corso del quale furono uccisi alcuni tedeschi, e quella dl 25 ottobre 1944. Il reparto dell Luftwaffe abbandonò il paese nel dicembre del 1944. In via Silone, a qualche centinaio di metri dall'ingresso del campo, sul dosso, era sistemato un impianto radar. Abbandonato alla fine della seconda guerra mondiale, la superficie fu trasformata, nel 1959, in area di lancio per il sistema d'arma missilistico Nike Ajax e Nike Hercules, in dotazione al 72° Gruppo I.T. dell'Aeronautica Militare. Negli anni trenta nell'aeroporto fu ricoverato il velivolo Saiman 202 dell'asso del volante Tazio Nuvolari. La pubblicazione "Pagine della nostra storia da non dimenticare" edita nel 1995 in occasione del 50° anniversario della fine della 2^ Guerra Mondiale dal Comune di Bovolone e dalla Pro Loco, riporta il seguente brano intitolato: Il Campo di Aviazione di Bovolone. "La meridiana, che rimarcava il mezzogiorno e la mezzanotte dal campanile romanico, il monumento ai caduti (il Perseo in bronzo che si ergeva in piazza Vittorio Emanuele II, una buona squadra di calcio con i colori rossoneri, il campo di aviazione: negli anni trenta erano i segni distintivi che caratterizzavano Bovolone. L'aeroporto funzionava come campo di fortuna: occupava circa 100 campi veronesi, stesso posto ed estenzione dell'attuale base missilistica. C'era un grande hangar, 300 metri dopo il bivio Oppeano-Isola Rizza che ospitava gli aerei di passaggio in sosta temporanea e gli alianti della scuola di volo a vela. La scuola, guidata da un esperto pilota che gli anziani ricordano, Toson, era il punto di incontro di tanti giovani che, sopratutto il sabato, (sabato fascista) si ritrovavano attorno a tozzi ma efficienti alianti per imparare i primi rudimenti della tecnica di volo senza motore. Custode del campo era un personaggio (uno dei tanti della Bovolone di ieri) si chiamava Lattanzio, aveva una bella figlia Zadra, abitava nella casa che esiste tuttora, a sinistra dell'entrata al campo. Gli aerei, sempre monomotori (quasi tutti biplani), atterravano sul campo secondo una tecnica conosciuta da tutti i ragazzi di allora: l'apparecchio faceva un ampio giro su Bovolone, si abbassava e seguendo l'asse longitudinale della chiesa, trovava la direzione giusta per infilare la pista in terra battuta. Anche i più potenti aerei tedeschi, arrivati sulla verticale della chiesa, diminuivano i giri del motore e si posavano in direzione nord-nord-est. Dopo l'8 settembre 1943 le cose cambiarono rapidamente. I tedeschi occuparono il campo, requisirono altra terra e diedero inizio a radicali lavori di trasformazione. Circa 550 persone, gente di Bovolone e di paesi vicini, vennero inquadrate nella TODT (l'organizzazione che eseguiva ogni sorta di lavori al seguito dell'esercito tedesco). Furono costruite la sede del comando (una struttura in cemento armato ricoperta da metri di terra), e le piste in cemento, una per l'atterraggio e la partenza, una per il rullaggio che, parallela pressappoco alla strada di Cà degli Oppi, portava gli aerei nelle piazzole di sosta protette da terrapieni. La base ospitava uno squadrone di bombardieri in picchiata, i famosi Stuka, monomotori con le caratteristiche ali a gabbiano rovesciato e carrello fisso, terrore nei primi anni di guerra delle popolazioni e degli eserciti polacchi, francesi, inglesi. Agli inizi del1944 erano ormai aerei superati, lenti, ma ancora micidiali nei bombardamenti di precisione. Alcuni trimotori tuttofare (gli Junker 52) erano in continuo andirivieni per i rifornimenti della base. Qualche bimotore da bombardamento leggero o da ricognizione sostava per tempi brevi. C'erano un paio di cicogne (Fieseler 156) spesso in volo. E' un aereo che merita di essere ricordato. La cicogna (Storch in tedesco)era un aereo leggero monomotore (240 Hp) eccezionale, vero gioiello della tecnica tedesca. Serviva di collegamento, osservazione aera e trasporto feriti. Lo spazio per il decollo era di non più di 65 metri; atterrava in 20-25 metri. Un giorno di novembre del 1944 un ragazzo quattordicenne di Bovolone, assunto dalla TODT, aiutava gli avieri tedeschi a trasportare materiale verso gli apparecchi. Passò vicinissimo ad una Cicogna mentre il pilota dava gas al motore. L'elica in movimento sfirò il braccio destro di Luigi (così si chiamava il ragazzo) e gli provocò una ferita suturata con 19 punti. Poteva andare molto peggio! Attorno al campo, in posizione strategica, furono costruite piazzole difesa da terrapieni per i cannoni antiaerei (i temuti 88 ....) e le mitragliere da 20 millimetri a 4 canne (Flackvieling 38 quadrinata) Fu innalzato sul dosso tra via Baldoni e l'attuale via Silone un radar a lungo raggio chiamato Freya. Era una grande antenna reticolare quadrata, debitamente mimetizzata. Furono creati alcuni punti di deposito delle munizioni. Il grosso delle bombe era collocato sui confini alberati dei campi della famiglia Buffo. C'erano bombe di tutti i tipi. Alcune, costruite in cemento, erano utilizzate per addestrare i piloti degli Stuka. L'aereo nel tardo pomeriggio prima del calar del sole (di solito a quell'ora non c'erano cacciabombardieri alleati in giro), si alzava dalla pista e raggiunta l'alta quota si tuffava in picchiata e sganciava contro falsi obiettivi collocati in aperta campagna, verso Asparetto. Un episodio doloroso legato al deposito bombe: il 26 maggio 1945 tre ragazzi si recarono nel deposito bombe incustodito; chissà cosa cercavano. Una bomba scoppiò, rimasero uccisi. erano le ore 15. Attilio aveva 15 anni, Dino e Ferruccio 16. Il campo fu in attività fino a metà aprile 1945. Gli Stuka partivano nelle prime ore della serata, scaldavano i motori il cui rombo cupo giungeva fino in paese. Rientravano, quando rientravano prima dell'alba. Verso la fine del 1944 di aerei in attività se ne vedevano sempre meno. Il campo fu sottoposto a parecchi mitragliamenti, uno dei più violenti fu condotto dai P.38 americani, caccia a due code con la piccola fusoliera centrale. Attaccavano da ovest e e sparavano raffiche paurose sulla verticale del paese. Più di un aereo a terra fu danneggiato; venne distrutta una postazione di mitragliere con parecchi morti e feriti tra gli avieri. Cessato l'uragano i ragazzi andavano a caccia dei bossoli espulsi dagli aerei e caduti sui tetti e per le strade. Il campo fu sgomberato intorno al 20 di aprile, . Qualche giorno dopo gli artificieri tedeschi fecero saltare il comando, i serbatoi interrati, le piste, alcuni depositi di munizioni, non tutti".







Campo di Bovolone nel 1935

Campo di Bovolone nel 1945, esteso verso il territorio di Oppeano