Verona, 31 marzo 1967. Poca gente, al Saval, per i funerali di Nico Piccoli. Eppure era morto uno dei più grandi pionieri italiani dell’aviazione ed uno dei maggiori protagonisti della vita aeronautica veronese, anche dopo la Grande Guerra. Domenico Piccoli (Nico, per tutti) era nato a Schio il 5 marzo 1882. Dopo aver praticato l’automobilismo, ottenendo ottimi piazzamenti al “Campionato internazionale automobilistico” del 1903, si fece prendere dalla passione per il volo un paio d’anni dopo, assistendo alle prime ascensioni del dirigibile “Italia” del conte Almerico da Schio, del quale era amico e collaboratore, e che nel marzo 1905 lo portò anche in volo. Andò in Francia per acquistare un pallone libero e nel 1907 conseguì il brevetto di pilota per aerostato. A Verona, dove finì per stabilirsi in Villa Monga al Saval, il 19 marzo 1908 organizzò la prima “Gara Aerostatica Città di Verona”, in Arena. Ma le esperienze con il dirigibile “Italia” gli avevano lasciato la voglia di passare dal pallone libero all’aeronavigazione pilotata. Andò in Germania, oltre che in Francia e in Italia, lasciandosi sempre più tentare dall’aeronave, fino a decidere di costruirne una di sua progettazione, che battezzò “Ausonia” con il nome della madre, nella propria casa di campagna a Magrè, vicino a Schio, dove con l’aiuto del meccanico Antenore Bottazzi (che aveva affiancato il conte Almerico da Schio nella realizzazione dell’“Italia”) aveva costruito un apposito hangar di legno. Era la prima aeronave costruita interamente con materiale italiano, un “floscio” con il quale Piccoli intendeva partecipare ai Concorsi Aerei Internazionali di Verona, in programma per la fine di maggio del 1910. In mancanza di un hangar a Verona, ottenne ospitalità in un’aviorimessa a Mantova, ma un fortunale distrusse l’hangar e il dirigibile. Il disastro era stato previsto da un ingegnere mantovano, Canovetti, che aveva detto, in presenza di Nico Piccoli: «Quell’hangar con il primo colpo di vento cadrà». Il pioniere subì un danno di 35 mila lire, ma non si arrese. Davanti alla massa di rottami, disse all’amico Donner Flori ed al meccanico Bottazzi, che considerava i padrini dell’aeronave: “La rifaccio”. Nel giro di sette mesi realizzò l’“Ausonia Bis”, il dirigibile con il quale sarebbe diventato famoso anche all’estero. Un po’ più piccolo del precedente: lungo 37 metri, con un diametro di 7,75, aveva una capienza massima di 1300 metri cubi di idrogeno. Piccoli ottenne dal governo l’ospitalià richiesta, nell’hangar militare che era stato costruito a Boscomantico per il Genio. Egli ebbe subito l’aiuto del tenente Tullio Benigni, comandante del Battaglione Specialisti e alla fine del 1910 trasferì da Schio a Boscomantico la sua creatura, ancora in attesa di essere montata. Le operazioni di montaggio cominciarono ai primi di gennaio. L’involucro venne gonfiato con idrogeno e la navicella d’acciaio fu completamente attrezzata e installata. Il giorno 18 il dirigibile venne giudicato pronto per le prove ufficiali di collaudo. Il giorno dopo uscì dall’hangar e fece una prima prova di volo, con fune di vincolo. Il decollo avvenne alle 13 del 20 gennaio, con Nico Piccoli e il tenente Benigni a bordo, tra gli applausi di una grande folla accorsa dalla città. Era il primo mezzo aereo a decollare da Boscomantico. Mise la prua sui 280 gradi bussola e raggiunse Sirmione, proseguendo verso Calcinato, dove in serata fece tappa. Il 21 e 22 gennaio riprese il volo, raggiungendo Brescia. La mattina del 23 si accinse a tornare a Verona. Sul percorso il dirigibile incappò in una nebbia fittissima, che lo costrinse a volare a oltre 1.100 metri, senza punti di riferimento. Alle 15,20, dopo avere superato varie difficoltà, giungeva sulla verticale di Boscomantico. Aveva percorso 245 chilometri, un record che trovò forte risonanza nella stampa nazionale. Dal 24 al 26 gennaio il dirigibile rimase in hangar e gli vennero apportati dei miglioramenti tecnici per la navigazione. Nei giorni 27 e 28 sorvolò a più riprese su Verona, mandando in delirio i cittadini. Dalle scuole uscirono insegnanti e studenti, per assistere allo spettacolo. Anche gli operai delle fabbriche sospesero momentaneamente il lavoro, per vedere la bellissima aeronave, che era di colore giallo brillante. L’evento in pratica bloccò la città. Il 29 Nico Piccoli ed il tenente Benigni decollarono alle 11,20 per un raid su Mantova, sorvolando ancora una volta l’Arena, ma sulla rotta la nebbia fitta non consentì di raggiungere la meta e il dirigibile atterrò nella tarda serata in aperta campagna nei pressi di San Benedetto Po. Erano stati percorsi 80 chilometri. La mattina seguente il dirigibile venne sgonfiato, smontato e spedito su un autocarro a Schio, poiché stava per arrivare a Boscomantico il primo dirigibile militare. Nico Piccoli divenne famoso e la sua notorietà raggiunse in quei giorni i massimi livelli. Nel mese di maggio del 1911 fece alcuni voli sopra Firenze, dopo di che il dirigibile cessò di volare. Il pioniere lo offrì al governo, proponendone la costruzione in diversi esemplari, ritenendo che l’Esercito potesse utilizzare questi piccoli dirigibili per missioni di ricognizione. Ci furono interpellanze alla Camera dei Deputati, ma il governo rifiutò l’offerta. Piccoli lo cedette quindi alla scuola d’aviazione di Taliedo. Da quel momento se ne persero le tracce. Negli anni successivi Nico Piccoli tornò agli aerostati e conseguì un primato d’altezza con il N.3 di sua costruzione, raggiungendo la quota di 5.250 metri. In questa attività superò le sessanta ascensioni. Allo scoppio della guerra venne arruolato, il 15 giugno 1915, con il grado di tenente del Genio ed assunse il comando del dirigibile U.3 (Usuelli). Promosso capitano, operò con un altro Usuelli, l’U5, dal 18 settembre al 31 ottobre 1917. Aveva pilotato anche l’aeronave P.7, avendo come motorista Ettore Arduino, con il quale compì la sua prima missione esplorativa sull’Adriatico l’8 maggio 1917. A Vigna di Valle, sul lago di Bracciano, tenendo sempre al suo fianco Ettore Arduino come motorista, fu attivo nella ricognizione marittima antisom, ai comandi del dirigibile da esplorazione “ES”. Venne quindi assegnato definitivamente al nostro fronte. Dopo la guerra fu tra i promotori dell’Aero Club di Verona, costituito nel 1924 l’anno successivo alla istituzione dell’Aeronautica come arma autonoma, avvenuta il 28 marzo 1923. Nominato commissario straordinario del Reale Club Aereo d’Italia, fu eletto presidente, mantenendo l’incarico fino al 1931. Nel frattempo, scomparso al Polo Ettore Arduino, fece intitolare a lui il sodalizio. Organizzò tre gare aeronautiche e diresse la sottoscrizione “Pro ali alla Patria”, ma scivolò nel dimenticatoio. Prima di morire cedette la sua tenuta di Villa Monga agli Istituti Ospitalieri. Si spense all’età di 85 anni. (Tratto da: Verona Volat, di Gianni Cantù, Cierre Verona)




Coppa Ettore Arduino